Superficie coltivata a 560mila ettari, - 100mila ettari, da mele a pere, da pesche ad albicocche Roma, 10 mar. (Adnkronos) - Addio a oltre 100 milioni di piante di frutta fresca in Italia negli ultimi quindici anni con la scomparsa che riguarda tutte le principali produzioni, dalle mele alle pere, dalle pesche alle albicocche, dall’uva da tavola alle ciliegie, dalle arance alle clementine mentre in controtendenza tengono solo il cedro e il bergamotto. E’ quanto emerge dall’analisi presentata in occasione della giornata nazionale della frutta italiana nel villaggio della biodiversità contadina a Cosenza dove sono scesi in piazza i giovani agricoltori della Coldiretti per fermare la strage di piante da frutto che sta provocando la desertificazione dei territori nelle regioni italiane con drammatici effetti sui consumi nazionali e sul clima, l’ambiente, il paesaggio e la salute degli italiani. Complessivamente la superficie italiana coltivata a frutta – sottolinea la Coldiretti – si è ridotta a 560mila ettari con la perdita di oltre centomila ettari rispetto a 15 anni fa con conseguenze sul primato produttivo nazionale in Europa che si estende dalle mele alle pere fresche, dalle ciliegie alle uve da tavola, dai kiwi alle castagne fino al cedro e al bergamotto la cui produzione mondiale si concentra per il 90% in Calabria. La situazione peggiore si registra sulle arance, con 16,4 milioni di alberi abbattuti, sulle pesche, dove sono scomparsi quasi 20 milioni di piante, e sull’uva, dove mancano all’appello 30,4 milioni di viti, secondo la stima Coldiretti. Pesante anche la situazione per nettarine e pere dove ne sono spariti rispettivamente 14,9 milioni e 13,8 milioni. Un trend pericoloso anche dal punto di vista ambientale. Sul settore pesano poi i rincari energetici che spingono i costi correnti per la produzione della frutta con aumenti del 42% con un impatto traumatico sulle aziende agricole. con degrado e all’abbandono che favorisce le alluvioni e le frane. L’impennata dei costi di produzione ha colpito tutte le fasi dell’attività aziendale – rileva Coldiretti – dai carburanti per la movimentazione dei macchinari alle materie prime, dai fertilizzanti agli imballaggi. Gli incrementi non hanno risparmiato neppure la plastica per le vaschette, le retine e le buste, la carta per bollini ed etichette, il cartone ondulato come il legno per le cassette. Senza dimenticare gli effetti dei cambiamenti climatici e il moltiplicarsi degli eventi estremi con danni sui raccolti anche a causa degli insetti e dei patogeni alieni e le difficoltà di reperimento della manodopera. A causa del surriscaldamento sono arrivati parassiti “alieni”, mai visti prima, che si sono accaniti sulle produzioni nazionali, dal cinipide galligeno che ha decimato le castagne alla Tristeza degli agrumi e molti altri come testimonia la recente la biblica invasione nel Nord Italia della “cimice marmorata asiatica”. Alle barriere commerciali si aggiungono i danni causati dalla concorrenza sleale – denuncia Coldiretti – con quasi 1 prodotto alimentare su 5 importato in Italia che non rispetta le normative in materia di tutela della salute e dell’ambiente o i diritti dei lavoratori vigenti nel nostro Paese.