Opere temporanee, quando diventano abuso edilizio?
(Adnkronos) - Le cosiddette opere temporanee, precedentemente definite come “precarie”, sono state introdotte dal Testo Unico dell'Edilizia contenuto nel DPR 380/01. Tale differenza è diventata sostanziale in quanto non riguarda più le caratteristiche fisiche della costruzione, ma il tempo di permanenza sul suolo. A tale proposito, una recente sentenza del Tar Emilia Romagna (208/2023) fa chiarezza riguardo le tempistiche di rimozione di un'opera temporanea che se non rispettate fanno scattare l'abuso edilizio. Questo perché l'opera viene equiparata alla costruzione di un edificio senza permesso e quindi in tale caso va demolita, pena l'applicazione di sanzioni penali.
Il caso specifico analizzato dal Tar dell'Emilia Romagna riguarda il contenzioso tra il titolare di uno stabilimento balneare e il Comune di appartenenza. Gli accertamenti tecnici hanno infatti rilevato che oltre alle opere legittime esistenti, in quanto dotate di autorizzazioni richieste, sono state realizzate senza permesso alcune opere, nel dettaglio: due pergolati, una recinzione, attrezzature ludiche e sportive per la stagione estiva. Il carattere di temporaneità di tali opere però è venuto meno in quanto le stesse non sono state rimosse per diversi anni e questo di fatto le ha trasformate da opere temporanee a stabili, ma senza che venissero prodotti i necessari permessi di costruire. Dato che non è stata presentata alcuna domanda di regolarizzazione, tali opere sono state definite come abuso edilizio e quindi è stata imposta la demolizione.
In sintesi, l'abuso edilizio per opere temporanee si configura quando le stesse opere, che ricordiamo sono realizzate in regime di edilizia libera, vengono realizzate senza comunicazione al Comune riguardo i motivi di installazione e soprattutto se non vengono rimosse entro sei mesi. Dunque, se l'opera non viene rimossa entro i limiti di legge viene commesso un illecito del tutto simile alla costruzione di un edificio senza adeguato titolo edilizio. Fatto che si traduce nell'applicazione delle stesse sanzioni previste per l'illecito di cui sopra, che consistono nella detenzione fino a due anni e nel pagamento di un'ammenda che può superare anche 50 mila euro.