Piovella (Soi), 'congresso per informare su accesso a cure salva vista’
‘Ventesimo evento un traguardo importante, trattamenti cambiati radicalmente’
Padova, 25 mag. (Adnkronos Salute) - "Ogni anno 7mila oculisti italiani salvano la vista a 2 milioni di persone. In questi congressi cerchiamo di trovare il modo per far sì che tutte queste cure migliorative, perché possiamo migliorare, siano a disposizione di tutti. Abbiamo bisogno di dare questa informazione". Lo ha detto Matteo Piovella, presidente della Società oftalmologica italiana (Soi), oggi all’apertura del 20simo Congresso internazionale che si svolge a Roma fino al 27 maggio.
"Vent’anni sono sicuramente una certificazione importante - continua Piovella - noi siamo sempre molto motivati perché, negli ultimi 20 anni, abbiamo avuto un cambiamento, una innovazione, un miglioramento delle cure per i nostri pazienti che ha rivoluzionato il nostro lavoro quotidiano. Oggi, sembra incredibile - osserva il presidente della Soi - ma la stessa chirurgia della cataratta, che è la più diffusa al mondo con 234 milioni di interventi all’anno, 650mila in Italia, è cambiata radicalmente. Oggi, per il beneficio del paziente è necessario intervenire nelle fasi precoci della malattia. Dobbiamo combattere contro l’informazione diffusissima che, per farsi operare di cataratta, bisogna aspettare - riflette - ma questo ci mette in difficoltà perché rende molto complicato l’intervento, aumenta possibili complicazioni e i risultati". Questa mentalità “è assolutamente da cambiare".
Nello specifico, bisogna partire da un “cambio di mentalità - sottolinea Piovella - una nuova organizzazione e una nuova alleanza medico-paziente in un rapporto fiduciario che dà a tutti la forza di evolversi”. In altre parole, "da un lato va mantenuto un rapporto fiduciario con il paziente” e, dall’altro, "serve una burocrazia non più legata a modelli organizzativi degli anni 80-90" perché - ribadisce il presidente Soi _ "abbiamo la possibilità di salvaguardare la vista dei pazienti" offrendo cure “personalizzate rispetto al paziente, alle potenzialità che il singolo ha di miglioramento. Fare tutto uguale per tutti - conclude - non è più possibile”, conclude.