Padova, 21 giu. (Adnkronos Salute) - Le malattie mieloproliferative “sono paradigmatiche in oncoematologia. Fino a non molto tempo fa venivano annoverate tra le malattie rare, oggi, grazie al miglioramento delle capacità diagnostiche, soprattutto negli ultimi 10-15 anni, è aumentato il numero delle diagnosi - circa 2mila l’anno - e soprattutto vengono fatte a persone più giovani. La comprensione del meccanismo molecolare di queste malattie e l’identificazione dei tre geni mutati - due individuati grazie anche alla ricerca italiana - e aver capito che tutte le mutazioni, anche se in maniera diversa, attivano una serie di proteine delle cellule che alterano a cascata una serie di sistemi e di segnalazioni intracellulari ha permesso lo sviluppo di un gruppo di farmaci mirati: i Jak inibitori”. Così Alessandro Maria Vannucchi, presidente della Società italiana di Ematologia sperimentale (Sies) e Ordinario di Ematologia all'università di Firenze, direttore Sodc di Ematologia Aou 'Careggi', Centro ricerca e innovazione malattie mieloproliferative (Crimm) di Firenze, intervenuto, oggi a Roma, alla presentazione della Giornata nazionale dell’Associazione italiana per la lotta contro leucemie, linfomi e mieloma (Ail) che si celebra domani. I farmaci Jak inibitori "hanno la capacità di bloccare nelle cellule la via di segnalazione Jak Stat- spiega il presidente Sies - che è responsabile della crescita abnorme delle cellule del sangue, ma anche di una serie di sintomi, del deposito di fibre e soprattutto della splenomegalia, l’ingrossamento della milza. In Italia i Jak inibitori approvati sono al momento due, negli Usa tre e altri sono in fase di studio. Questi sono indicati per la mielofibrosi - continua - e, in seconda linea, per la policitemia vera. Recentemente è stato approvato ropeg interferone per il trattamento della policitemia vera: è in grado di controllare l’evoluzione della malattia e in alcuni pazienti di ridurre il clone della malattia e dunque esercita probabilmente un effetto più profondo, almeno in alcuni casi”. "Oggi, le malattie mieloproliferative croniche, vengono più propriamente chiamate neoplasie mieloproliferative croniche - chiarisce Vannucchi - per ribadire il concetto che sono patologie tumorali associate ad alterazioni specifiche del Dna con alcune mutazioni ricorrenti e comprendono entità diverse. Includono: la policitemia vera che è caratterizzata dall’aumento della massa dei globuli rossi; la trombocitemia essenziale, dall’aumento della conta piastrinica e la mielofibrosi primaria, malattia molto più eterogenea con variabili alterazioni nella conta delle cellule del sangue, ma il cui nome deriva dal fatto che si sviluppa, a livello del midollo, un tessuto fibroso patologico che è la conseguenza del clone delle cellule tumorali”. “Queste patologie - osserva il presidente Sies - formano una famiglia, in quanto si riconoscono meccanismi molecolari simili. Infatti, sono tre le mutazioni ricorrenti dei geni Jak2, Mpl e Carl, e sono caratterizzate da problematiche cliniche simili, come l’aumento del rischio trombotico o emorragico, la compromissione sistemica con sintomi tipici associati alle malattie e soprattutto possono trasformarsi l’una nell’altra e tutte e tre anche evolvere nella leucemia acuta. Questa evoluzione - sottolinea Vannucchi - incide diversamente nelle patologie: tra il 5-8% nella policitemia vera, meno del 5% nella trombocitemia essenziale, ma arriva al 20% nella mielofibrosi. La leucemia acuta è una malattia molto aggressiva, per i pazienti più giovani è possibile intervenire con il trapianto, negli altri casi la sopravvivenza attesa è inferiore ai sei mesi”. La Sies accoglie non solo ematologi, ma anche biologi e biotecnologi. “I rapporti con Ail- conclude Vannucchi - sono molto stretti e costruttivi e riguardano in particolare la ricerca, tanto che al convegno Sies, in programma nei prossimi giorni a Firenze, avverrà la consegna ufficiale di un finanziamento per un progetto di ricerca finanziato da Ail a un giovane ricercatore Sies”.