Roma, 4 lug. (Adnkronos) - Nel 2022, il fatturato industriale del settore avicolo si è attestato complessivamente a quasi 7 mld e 350mln, 5.350mln per le carni avicole e 2mld per le uova. Il calo dei consumi pro-capite (-4,3% sul 2021), in prevalenza di tacchino, passati da 21,43 a 20,5 kg, non ha intaccato la passione degli italiani per le carni bianche, che continuano ad essere le più amate con il 35% degli acquisti domestici. Anche le uova hanno un indice di penetrazione tra i più alti (94%, dati Ismea), con un consumo pro-capite di 227 uova (+7,4%). Sono i dati diffusi da Unaitalia, in occasione dell'assemblea annuale dell'associazione delle carni bianche e delle uova italiane. Se il balzo dei prezzi del 2023 costringerà ad un ulteriore alleggerimento dei carrelli, le carni avicole saranno le uniche a mantenersi in terreno positivo con una produzione quest’anno ancora a -3,3% rispetto all’anno di riferimento 2021 (che si attestava a 1,36 milioni di tonnellate), ma in ripresa rispetto al 2022. “L’avicoltura italiana si trova di fronte a uno scenario complesso. In conseguenza del calo produttivo dell’11,2%, nel 2022, per la prima volta abbiamo rischiato di perdere la nostra storica autosufficienza a causa degli effetti dell’aviaria, che ha provocato danni al settore per 262 milioni di euro da ottobre 2021 a maggio 2022 e ci siamo trovati a perdere l’8% di tasso di approvvigionamento. A queste difficoltà si sommano ora i danni dell’alluvione che ha colpito l’Emilia-Romagna, tra le regioni a più alta vocazione avicola, per più di 15 milioni di euro, il peso dell’inflazione (+7,6% a maggio dati Istat) che frena i consumi e quello dei costi produttivi (+23% nell’ultimo anno)”. Ad affermarlo è Antonio Forlini, presidente di Unaitalia, nell’aprire oggi a Roma l’assemblea dell’associazione nazionale delle carni bianche italiane. “I fatti recenti ci hanno insegnato che le conquiste del nostro settore non possono essere date più per scontate e che la gestione delle emergenze è la nuova normalità. – sottolinea - Per questo non ci possiamo più permettere di compiere scelte sbagliate nella definizione delle politiche produttive future, soprattutto a livello europeo”.