(Adnkronos Salute) - Il nuovo rapporto annuale 2023 Istat sulla situazione del Paese evidenzia diversi indicatori economici e sociali tra cui punti chiave congiunturali e nodi strutturali. Tra questi ultimi, di particolare interesse e portata sono i fenomeni demografici che riguardano il Paese, specie l'invecchiamento progressivo della popopolazione e il costante calo delle nascite. Due indicatori che farebbero pensare a puntare maggiormente sui giovani, ad esempio creando le condizioni per farli entrare prima nel mondo del lavoro e a migliori condizioni remunerative, rendendoli indipendenti e liberi di crearsi una nuova famiglia, così da contribuire anche alla ripresa demografica. Purtroppo però, allo stato attuale delle cose l'Italia per i giovani fa poco e infatti da noi si registrano i livelli più bassi di benessere giovanile a livello europeo: quasi la metà dei giovani italiani (il 47,7%) è vulnerabile in uno o più dei 12 indicatori del benessere quali lavoro, salute e formazione. Proprio sul tema della formazione, dal rapporto Istat emergono dati preoccupanti. Vediamo quali sono. Prima di tutto è in aumento il fenomeno dei Neet (acronimo che in inglese sta per Not in Employment, Education or Training), ovvero dei giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano, non lavorano e non sono inseriti in percorsi di formazione. La percentuale dei Neet in Italia nel 2022 ha raggiunto il 20%, il che si traduce in circa 1,7 milioni di giovani con un tasso di oltre sette punti superiore alla media dei Paesi dell'Unione Europea. La portata del fenomeno non è solo di carattere sociale, ma anche economica, con un impatto negativo sul Pil e sui lavoratori che devono sostenere una maggiore spesa pensionistica. Se a questi aspetti si aggiunge l'aumento della longevità della popolazione, l'effetto potrebbe essere devastante per l'economia reale del Paese. Dunque, il fenomeno dei Neet, che risulta particolarmente evidente nelle regioni del Centro e del Sud Italia, deve essere contrastato con decisione attraverso una serie di interventi strutturali. A cominciare dal sistema dell'istruzione, con particolare riferimento all'analisi del fenomeno dell'abbandono scolastico, ma anche sulle politiche attive del lavoro, che dovrebbero essere maggiormente incentrate sulla formazione tecnica e professionale finalizzata all'inserimento lavorativo. In ambito lavorativo, inoltre, appare necessario il recupero e il reinserimento dei tanti giovani disoccupati anche attraverso specifici programmi di formazione e adeguamento delle competenze alle nuove richieste del mercato del lavoro. In definitiva, lo sottolinea anche l'Istat, la questione dei giovani che non studiano e non lavorano può essere contenuta specie attraverso importanti investimenti nel capitale umano, puntando su competenze e professionalità qualificate a partire dalle singole abilità e propensioni di ciascun giovane. Parallelamente è necessaria una modernizzazione del mondo del lavoro e del sistema produttivo in generale che devono aprirsi ai cambiamenti in atto.