Roma, 20 ott. (Adnkronos) - Per risollevare la crescita italiana bisogna spingere sulla leva dei "consumi delle famiglie" quindi "giusta" la scelta del governo di destinare oltre metà delle risorse della manovra (15,7 miliardi) ai tagli in busta paga per i redditi medio-bassi. Così all'Adnkronos Alessandro Mechelli, professore ordinario di Economia aziendale all'Università di Roma Tor Vergata, commentando il rallentamento del pil italiano. Le recenti revisioni al ribasso delle stime sul pil, da Ref Ricerche (a +0,5% nel 2024 dal precedente +0,8%) alla Commissione Ue (+0,8%) al Fmi (0,7%), sono dovuti "soprattutto a riduzioni domanda interna - spiega Mechelli - che non credo possano essere una grande sorpresa visti gli aumenti dell'inflazione che vanno a colpire maggiormente il potere d'acquisto dei consumatori con reddito medio-basso e cioè quelli che risentono di più del caro-spesa". Quindi, insiste l'economista, "un'inflazione più alta in termini reali rende la popolazione più povera e indebolisce la capacità d'acquisto e dunque la domanda interna". Ecco perché, premette, "fermo restando che bisogna vedere il testo finale della manovra, vanno lette in senso positivo forme di intervento orientate a sostegno dei redditi medio-bassi, quindi il calo del calo cuneo fiscale e le misure a sostegno delle famiglie numerose" contenute nel documento programmatico di Bilancio, Dpb. "Sostenere le famiglie con redditi medio-bassi è la risposta più giusta al calo dei consumi perché se i consumi rallentano ne risentono anche le imprese", afferma ancora Mechelli, insistendo sul fatto che "se non si contrasta la riduzione della domanda non c'è crescita per le imprese". Ma sul fronte delle imprese sarà fondamentale anche "l'attuazione del Pnrr", andando oltre "interventi spot che potevano avere senso in fasi straordinarie" come il Covid e "prevedendo misure di sistema" soprattuto "a sostegno degli investimenti". L'economista accoglie infine favorevolmente le norme per gli sgravi sulle assunzioni a tempo indeterminato contenute nel Dpb. "I consumi - conclude - non dipendono dalla quantità del reddito ma dalla sua qualità, perché chi ha un contratto stabile potrebbe avere una diversa propensione alla spesa rispetto a un lavoratore precario".