Per Indi Gregory ritardato di due ore stop supporti vitali: cosa succede ora
Milano, 9 nov. (Adnkronos Salute) - E' stato ritardato di due ore, alle 16 in Uk (17 in Italia), il termine per lo stop ai supporti vitali di Indi Gregory. A riferirlo via X è Pro Vita. "La deadline è stata prorogata fino alle 16 di oggi, prima che il supporto vitale venga interrotto", scrive l'organizzazione italiana.
Intanto è stata presentata una richiesta urgente all'Alta Corte del Regno Unito, ai sensi della Convenzione dell'Aja, nel tentativo estremo di impedire la sospensione dei trattamenti che tengono in vita Indi Gregory. Mentre il tempo corre, la richiesta avanzata al giudice Robert Peel è quella di cedere la giurisdizione sul caso. E' stato il console italiano a Manchester, Matteo Corradini, in qualità di giudice tutelare della bambina di 8 mesi, a presentarla questa mattina secondo quanto riferisce l'organizzazione 'Christian Concern' che sta supportando i genitori nella loro battaglia.
"Uno sviluppo del genere non si era mai verificato prima in un caso di fine vita che coinvolge un bambino nel Regno Unito", hanno spiegato dall'ente. "Questi ordini hanno efficacia immediata a causa del pericolo imminente per la vita di Indi, con i medici pronti a rimuoverle il supporto vitale oggi". Corradini attende ora una risposta dal giudice Peel, il quale ha emesso le due precedenti sentenze dell’Alta Corte che hanno bloccato il trasferimento della piccola affetta da una malattia mitocondriale in Italia per cure specialistiche, e hanno stabilito che è nel suo 'migliore interesse' morire.
Ieri, 8 novembre, era stato emesso dal console un provvedimento d'urgenza che riconosce l'autorità dei tribunali italiani in questo caso. L'ospedale Bambino Gesù di Roma, come noto, ha concordato di accettare Indi per il trattamento e di eseguire una procedura di stent proposta da esperti medici. Il governo italiano si è offerto di finanziare il trattamento "senza alcun costo per il servizio sanitario nazionale o i contribuenti del Regno Unito", ripercorre l'organizzazione. "Ad oggi non c'è stata alcuna risposta o commento da parte del governo britannico sul caso". Supportati dal Christian Legal Centre, gli avvocati della famiglia questa mattina hanno presentato ricorso contro la pronuncia del giudice Peel secondo cui i genitori non possono portare Indi a casa per rimuovere il supporto vitale. Gli avvocati ora attendono di sapere se il caso sarà trattato dalla Corte d'Appello e se, quindi, la permanenza della piccola in rianimazione verrà prolungata oltre le 14 (15 italiane).
"Sono solo concentrato sul salvare la vita di mia figlia e fare ciò che è nel migliore interesse di Indi". Sono state le parole di Dean Gregory, il papà della bimba affetta da una rara malattia del Dna mitocondriale per la quale è stata disposta l'interruzione dei supporti vitali. L'uomo non si arrende "Lei merita una possibilità", ha spiegato alla 'Bbc', dopo l'ultima pronuncia del giudice che ha negato ieri anche la possibilità di gestire il fine vita a casa, in quanto non ritenuto nel miglior interesse della bambina e "quasi impossibile" da realizzare al domicilio senza rischi di complicazioni. Ma il papà obietta: "Ha un Paese che si offre di pagare per tutto: dobbiamo solo portarla lì, così non costerà nulla all'ospedale o al governo".
I medici che curano Indi al Queen's Medical Center di Nottingham ribadiscono di non poter fare altro per lei. I genitori avevano chiesto che potesse tornare nella loro casa a Ilkeston, nel Derbyshire. Un'opzione che non è stata ritenuta praticabile. La famiglia farà appello, come spiegato dal Christian Legal Centre, che li sostiene. Ma il tempo è poco, perché il giudice ha stabilito che i trattamenti che tengono in vita Indi potranno essere interrotti dalle 14 (15 ora italiana) di oggi. I medici, riporta la 'Bbc' hanno detto al giudice che Indi era attualmente "chiaramente angosciata, agitata e dolorante" e che, pur potendo l'estubazione avvenire ovunque in teoria, le sue cure successive dovrebbero essere "gestite da professionisti qualificati con risorse a disposizione per affrontare le complicazioni e ridurre al minimo il disagio". La motivazione è dunque questa.
"Tutti pensano: 'perché non la lasciano andare?'. Non hanno nulla da perdere", riflette Dean Gregory che si è detto sicuro del fatto che se Indi avesse avuto il permesso di viaggiare in Italia, avrebbe potuto essere salvata. Keith Girling, direttore medico del Nottingham University Hospitals (NUH) Nhs Trust ha dichiarato di essere consapevole del fatto che "è un momento incredibilmente difficile per Indi e la sua famiglia, e i nostri pensieri sono con loro oggi. A seguito della decisione dell'Alta Corte, la nostra priorità - ha assicurato - rimarrà quella di fornire a Indi cure specialistiche adeguate alle sue condizioni e in linea con le indicazioni della corte, sostenendo la sua famiglia in ogni modo possibile".