Niente più corsivo e poca narrazione. Così cambiano i temi degli studenti 2.0
Roma, 30 nov. (AdnKronos) - I ragazzi di oggi, nativi digitali, non sanno più scrivere, o quasi. I loro temi, riassunti e componimenti scolastici sono profondamente cambiati nella forma e nei contenuti. I nostri studenti hanno poca dimestichezza con il corsivo e trovano più naturale scrivere in stampatello, al punto che qualche lettera, ad esempio la b, 'non è più quella di una volta'. Sono sintetici e telegrafici, e soprattutto nella narrazione 'vanno subito al sodo', ovvero nei loro temi cominciano dalla fine, saltando la ricostruzione e l'argomentazione degli eventi. E in tutto ciò l'informazione e la comunicazione, non ultima quella politica, a colpi di slogan e tweet non sono buone maestre. A fotografare alcune caratteristiche della 'scrittura 2.0' sono Luciano Massi, docente di grafologia generale all'università di Urbino e Giorgio Rembado, presidente dell'Associazione nazionale dei presidi, sentiti dall'Adnkronos.
"E' fuori dubbio che la modalità di scrittura dei nostri ragazzi sia molto cambiata rispetto alle generazioni precedenti e che continui a cambiare", spiega Rembado. Volendo descrivere in poche parole il loro stile, il presidente dell'associazione dei dirigenti scolatici non ha dubbi: "essenziale, telegrafico, apodittico".
"Questa maggiore sinteticità riflette un limite, ovvero la perdita della capacità ricostruttiva e argomentativa. I nostri studenti ad esempio - spiega - scrivono un tema partendo dalle conclusioni, senza arrivarci gradualmente attraverso la ricostruzione del filo logico della narrazione di un evento o di un pensiero, senza che le conclusioni siano conseguenze di un processo descrittivo e argomentato". Certo - ammette - "la brevità ha suoi pregi, fa risparmiare tempo, ma porta più facilmente allo slogan, ad una affermazione netta e apodittica senza la possibilità di esprimere e argomentare concetti diversi. E c'è il fondato pericolo che saltando la fase delle motivazioni e delle cause del ragionamento venga meno la capacità critica e quell'abilità propria di una formazione matura della persona".
Altro rischio per i giovani è che "considerando Wikipedia come la loro enciclopedia, spesso copiano cose preconfezionate che non hanno avuto un vaglio di verifica delle fonti, dunque - commenta il presidente dell'associazione nazionale dei presidi - qualsiasi sciocchezza può passare come verità. La cultura è invece stratificazione di saperi" e non paccottiglia 'copiata e incollata'.
Rembado mette poi in guardia anche dalla comunicazione politica, che "purtroppo ci sta abituando, a partire dal nostro presidente del consiglio, a un linguaggio fatto di tweet e di slogan. Di fronte a ciò, i nostri ragazzi sono portati a credere che quello sia il giusto modo di comunicare, e per la scuola è difficile smentirlo, dal momento che arriva da un riferimento istituzionale". In conclusione, "non si possono ignorare i nuovi stili di comunicazione e di scrittura, dobbiamo sicuramente farci i conti, ma senza perdere mai l'abilità critica e l'abitudine mentale di sottoporre qualsiasi verità a una verifica preventiva".
Dal punto di vista della forma, poi, l'elemento più evidente è "la maggiore prevalenza dello stampatello rispetto al corsivo", spiega il grafologo Luciano Massi, convinto che su questo punto ci sia "a livello educativo un modello scolastico troppo permissivista. Sicuramente in passato c'era troppa rigidità, basti pensare ai vecchi dettati di bella scrittura, ma - sostiene - i ragazzi imparavano a scrivere, salvo poi liberarsi dalle prescrizioni rigide e seguire la loro natura. Oggi invece a scuola non c'è più la stessa sensibilità nell'insegnare a scrivere bene".
"La grafia del resto è come impronta digitale - spiega ancora il grafologo, esperto anche in perizie giudiziarie - e si presta poco a generalizzazioni, ma si può notare l'aumento di una cattiva scrittura che a volte sconfina nella disgrafia, handicap che può avere conseguenze negative sullo sviluppo dei ragazzi. Uno degli assunti che trova d'accordo i grafologi infatti - sottolinea - è che la scrittura è il nostro ritratto e per avere una buona identità e immagine di se stessi bisogna avere un buon rapporto con lo scrivere.
Per fare un esempio pratico, "una lettera che è cambiata rispetto al passato è la b, che prima di scriveva come una elle con il gambino rovesciato, oggi invece i ragazzi la fanno come quella del computer".
Tutto ciò complica il lavoro dei grafologi rispetto al passato: "prima era più facile analizzare, interpretare e stendere una perizia sulla grafia di un ragazzo. Oggi serve maggiore prudenza - spiega - e bisogna essere bravi a capire quanto c'è di cattiva educazione allo scrivere e quanto una brutta scrittura nasconde problemi caratteriali o psicologi".