Omicidio Garlasco, attesa la sentenza per Stasi. Rischia una condanna a 30 anni
Milano, 16 dic. (AdnKronos) - Una condanna quasi pari ai suoi anni. Domani Alberto Stasi sarà per la quarta volta - cinque se si conta la decisione presa dal gip di non convalidare il suo fermo - , davanti a dei giudici per essere riconosciuto colpevole o innocente per l'omicidio della fidanzata Chiara Poggi. Un'accusa per cui il 31enne commercialista rischia 30 anni di carcere. Già assolto in due gradi di giudizio con sentenze poi annullate dalla Cassazione, Alberto chiede "giustizia, ma non a tutti i costi, non sulla sua testa", a voler usare le parole dei suoi legali. "E' arrivata per Chiara l'ora della giustizia, per me e per la mia famiglia", dice la mamma della 26enne alla vigilia della sentenza d'appello 'bis'.
Giustizia è la parola che unisce chi siede ai due lati opposti di un'aula e che da sette anni, dal 13 agosto 2007 (Le tappe del processo/GUARDA)
, lotta per avere la verità sull'omicidio della 26enne di Garlasco (Pavia). Il giorno dei funerali, mamma Rita Preda teneva stretto a sé il fidanzato della figlia, prima che diventasse il sospettato numero uno e l'unico indagato dell'inchiesta. Una verità per provare a ricominciare. Stasi è accusato di aver ucciso "con crudeltà" Chiara, di averla colpita con un'arma sconosciuta alla testa, trascinata sul pavimento della villetta di via Pascoli, al civico 8, e gettata giù dalle scale.
Un omicidio volontario con tanto di 'firma' per il pg di Milano Laura Barbaini, mentre la difesa chiede di cercare altrove, di non sottovalutare nessuna pista. Preciso il monito della Cassazione: occorre una valutazione "complessiva e unitaria degli elementi acquisiti"; chiaro il quadro di indizi per l'accusa: "gravi, precisi e concordanti"; un "processo lombrosiano e senza prove" per la difesa. Spetterà ai giudici della prima sezione della Corte d'Asssise d'Appello presieduta dal giudice Barbara Bellerio decidere se i nuovi elementi raccolti (Ecco su cosa si deciderà il destino di Alberto/LEGGI)
nel supplemento d'indagine basteranno per condannare l'imputato. A partire dalla nuova 'camminata sperimentale' che porta ad escludere, quasi matematicamente, la possibilità per Alberto di attraversare il pavimento sporco di sangue della villetta senza sporcarsi la suola delle sue Lacoste.
Non solo, secondo gli esperti è da escludere che il sangue secco, una volta pestato, si sia disperso. Il numero di quella impronta a pallini lasciata dall'assassino è un numero 42, lo stesso di Alberto. Un esperimento effettuato sui tappettini della Golf nera di Alberto - l'auto che usa per raggiungere la stazione dei carabinieri di Garlasco dopo aver scoperto il corpo di Chiara e dato l'allarme al 118 - certifica che qualche traccia di sangue doveva restare. Nessuna traccia di estranei nella villetta, nessuna ombra nella vita di Chiara, eppure in questo delitto mancano ancora l'arma e un movente. Le perizie per analizzare le unghie della vittima e il capello trovato nella mano di Chiara non portano a nulla di rilevante.
Le bici in possesso della famiglia Stasi restano ancora un punto da risolvere. Il ritrovamento del Dna di Chiara sulla bici bordeaux di Alberto portò al suo fermo (quattro giorni di carcere a partire dal 24 settembre 2007, poi la scarcerazione da parte del gip), ma è su una bici nera vista da una vicina davanti a casa Poggi la mattina del delitto che si concentrano le indagini. Alberto invertì i pedali tra le due bici quando la stampa iniziò a scrivere che si cercava una bici nera, la tesi della parte civile; c'è una terza bici mai trovata per la pubblica accusa. Ma nel processo d'appello 'bis' spunta anche la testimonianza di due carabinieri che parlano di due piccoli graffi visti sull'avambraccio di Alberto il giorno del delitto. E una foto mostra che sul pigiama rosa di Chiara ci sono quattro impronte di una mano dell'assassino: scattata la foto, però, quando viene spostato il corpo la maglietta viene intrisa di sangue e addio ditate.
Ma quella immagine svela che l'assassino si è sporcato e prima di scappare si è lavato nel bagno al primo piano della villetta. Lo dimostrano le impronte insanguinate delle scarpe, ma sul dispenser portasapone c'è una prova contro Alberto, a dire dell'accusa: c'è il sangue della vittima misto al Dna di Alberto. Se il killer avesse lavato il dispenser quella traccia di Alberto non doveva essere lì. Contro l'indagato ci sarebbe anche una finestra temporale di 23 minuti - dalle 9.12 alle 9.35 - che consentirebbe all'allora laureando alla Bocconi di ucciderla, tornare a casa e continuare a lavorare al pc per la sua tesi di laurea. Elementi che, solo domani, si capirà se basteranno a condannare Alberto.