Gli 'ermellini', il divieto scatta se è finalizzato ad esprimere sentimenti, ma il veto non può essere eccessivamente generico, i luoghi vanno individuati. Tra i divieti non generici, piazza Cavour indica anche "il divieto di non rivolgersi alla vittima con la parola o con lo scritto, di non telefonarle, di non inviarle sms". Insomma "di non fare tutto ciò che lo stalker è solito fare e che i soggetti appartenenti alla categoria comprendono benissimo" Roma, 6 feb. (AdnKronos) - Allo 'stalker' può essere impedito anche di rivolgere un solo sguardo alla vittima. Una limitazione che scatta "quando lo sguardo assume la funzione di esprimere sentimenti e stati d'animo". Lo ha stabilito la Cassazione con una sentenza della Quinta sezione penale con la quale ha accolto, in parte, il ricorso di un cinquantanovenne trevigiano, indagato per atti persecutori, lesioni personali e violazione di domicilio nei confronti di una donna. In particolare, la Suprema Corte, ha disposto un nuovo esame della vicenda perchè nel caso in questione il divieto imposto all'indagato era troppo "generico". Al di là del caso specifico, la Cassazione ha ricordato che tra i comportamenti vietati nei confronti di chi è accusato di stalking c'è il "divieto di guardare la vittima" quando "lo sguardo assume la funzione di esprimere sentimenti e stati d'animo". Tra i divieti non generici, piazza Cavour ha inserito anche "il divieto di non rivolgersi" alla vittima "con la parola o con lo scritto, di non telefonarle, di non inviarle sms". Insomma "di non fare - spiegano gli 'ermellini' - tutto ciò che lo stalker è solito fare e che i soggetti appartenenti alla categoria comprendono benissimo". Nel caso analizzato dai supremi giudici, all'indagato per stalking era stata imposta la misura cautelare del divieto di avvicinamento "ai luoghi frequentati" dalla donna oggetto di morbose attenzioni, nonchè a due comuni trevigiani. Tra le accuse, la donna aveva lamentato di essere stata in diverse occasioni tempestata di "messaggi, telefonate ingiuriose e minacciose, di pedinamenti e appostamenti, oltre che di aggressione fisica". Da qui il divieto di "avvicinamento ai luoghi frequentati" dalla vittima disposto dal Tribunale della libertà di Venezia nell'agosto 2014. Un veto troppo "generico" secondo piazza Cavour che ha disposto un nuovo esame del caso davanti al Tribunale di Venezia. Nel dettaglio, la Cassazione ha ricordato che "è compito del giudice di merito stabilire, in base alle concrete connotazioni assunte dalla condotta invasiva dell'agente, se questi debba tenersi lontano dai luoghi determinati - in questo caso da indicare specificamente - ovvero se debba tenersi lontano, puramente e semplicemente, dalla persona offesa; e se la prescrizione debba essere accompagnata dal divieto di comunicare, anche con mezzi tecnici, con quest'ultima". Ad ogni modo, la misura imposta nei confronti dello stalker o presunto tale non dovrà mai essere "eccessivamente generica".