nelle grandi rischio deriva per forma societaria, lontane da spirito cooperativo Roma, 17 feb. (AdnKronos) - Bankitalia 'spinge' la riforma delle popolari. In audizione alla Camera, il direttore generale Salvatore Rossi sostiene con forza un intervento legislativo che, evidenzia, "è nell'interesse di tutta l'economia". Servono nuove regole per scongiurare conseguenze rilevanti, perché "nelle grandi popolari c'è il rischio di una deriva accentuato dalla forma societaria" e per gestire 'un cambio di pelle' che ha trasformato gli istituti più grandi: ''non appaiono confrontabili con le banche di credito cooperativo che oggi si osservano in Europa e sono molto distanti dall'originario spirito cooperativo''. L'approvazione della riforma, quindi, ''è auspicabile'' perché ''lo suggerisce il buon senso'' e perché "va nella direzione di rafforzare la capacità di ben operare in un mercato bancario in forte cambiamento''. Le popolari, a maggior ragione quelle di grandi dimensione, devono essere in grado di ''accompagnare, anzi sollecitare, la crescita dimensionale delle piccole e medie imprese innovative. Crescita da cui dipende molta parte del nostro futuro''. L'economia italiana, ricorda infatti Rossi, ''ha bisogno, e ne avrà ancor più nella ripresa che sta iniziando, di banche efficienti, particolarmente solide, a loro agio nel mercato internazionale''. In questo scenario, chiarisce ancora il numero due di Via Nazionale, la forma societaria cooperativa, per intermediari delle dimensioni e della complessità delle 10 maggiori banche popolari, ''è un handicap che va rimosso al più presto''. La Banca d'Italia, del resto, ''auspicava da tempo un intervento del legislatore'' sulle banche popolari e, ricorda ancora Rossi, ''una riforma è stata anche ripetutamente indicata come necessaria dal Fondo monetario internazionale e dalla Commissione europea''. Il decreto del Governo recepisce queste indicazioni, anche alla luce delle novità normative a livello europeo. Il ''primo e principale'' effetto atteso della riforma, spiega Rossi, ''è che metta in condizione la maggiori banche popolari di aumentare il loro capitale nella misura e, soprattutto, con la rapidità che possono essere richieste dalle circostanze, rivolgendosi a una platea più ampia di risparmiatori''. L'Europa, ricorda palazzo Koch, si è data di recente nuove norme sulla regolazione, la supervisione e la risoluzione delle banche. E nell'area euro è da poco in funzione un sistema di vigilanza comune, che ha posto al suo centro il tema del capitale. ''La forma giuridica cooperativa è uno svantaggio competitivo in questo contesto: se l'aumento di capitale che viene richiesto è, per dimensioni e urgenza, realizzabile solo sul mercato dei capitali, fattori quali il voto capitario e i limiti al possesso azionario e alla rappresentanza in assemblea sono assai poco attraenti per investitori istituzionali''. I caratteri che tipicamente si accompagnano alla forma societaria cooperativa, secondo Rossi, ''possono ostacolare un vaglio corretto ed efficiente della banca, introducendo elementi di opacità nelle relazioni tra soci e amministratori, causando a volte ingerenze nelle scelte gestionali da parte di minoranze organizzate''. Le popolari italiane di maggiori dimensioni, secondo Bankitalia, ''si sono anche allontanate notevolmente dal modello 'banca del territorio' a cui erano e restano informate le tante banche cooperative presenti in altri paesi europei''. Nessuna delle 10 banche interessate dalla riforma, infatti, si avvicina al modello di istituto di credito che ha un legame con il territorio; ad esempio hanno in media sportelli in 60 province, un numero assai vicino a quello delle prime tre banche italiane. Secondo Bankitalia la soglia dimensionale fissata, pari a 8 miliardi di euro, è ''ragionevole''. Secondo i dati aggiornati alla metà del 2014 sulle dimensioni delle 37 banche popolari c'è un ''salto netto tra le prime 10, con attivi a doppia cifra, e le restanti 27''. La soglia stabilita dalla legge ''coglie opportunamente la distinzione tra le sue classi dimensionali''. In merito agli effetti che la riforma delle popolari potrebbe avere sull'occupazione, la risposta di Bankitalia osserva che le aggregazioni, obiettivo dell'intervento, ''non potranno non implicare un contenimento dei costi, grazie a economie di scala e di scopo''. Tra il 2008 e il 2013 l'occupazione del settore bancario italiano è complessivamente diminuita di circa 30.000 persone, a poco più di 300.000 unità. Si tratta di una tendenza ''imposta dall'evoluzione della teconologia e della domanda'' che potrà essere ''compensata da nuova occupazione in ambiti diversi''.