faccia a faccia a Roma, platea 'sindacale' polemizza con esponente Pd Roma, 24 feb. (AdnKronos) - Prove di dialogo tra governo e Cgil, oggi, a pochi giorni dal via libera dei primi decreti attuativi del contestato Jobs Act. A confronto, in un inedito faccia a faccia, il responsabile economico del Pd, Filippo Taddei, e il leader della confederazione di Corso Italia, Susanna Camusso. Un dibattito franco, a volte anche aspro, organizzato dalla Filcams dal titolo evocativo "Lavoro e lavoratori nell'epoca del Jobs Act, The New Order", che ha fotografato la distanza quasi incolmabile che separa il governo dal maggior sindacato italiano. Una distanza filosofica, di strategie, di modelli economici e di scelte operative che rende difficile intendersi anche sulla definizione di lavoratore: "il lavoratore è un insieme di competenze", chiosa Taddei. "No, è sopratutto una persona e il problema è proprio costruire le competenze per chi è stato sempre in un mercato del lavoro a ribasso", ribatte Camusso in una delle tante schermaglie di un confronto animato da una platea partecipe che quasi trasforma la sede del dibattito in una arena. "La riforma del mercato del lavoro cambia il paradigma del mercato del lavoro e ha l'obiettivo di creare nuovi posti", esordisce Taddei subito coperto dal brusio della sala. "Non parlare della teoria, parla delle realtà che è diversa", è il primo suggerimento che arriva dal parterre che vuole spiegazioni sul regime dei licenziamenti varato anche per i lavoratori negli appalti. E la realtà, incontrovertibile per Taddei che la ripete più volte, è che "non ci si può soffermare solo sul tema dei licenziamenti, ma bisogna guardare all'equilibrio del nuovo mercato del lavoro nel suo complesso e al passaggio da forme precarie di occupazione a rapporti con la massima possibilità di stabilità". Come si fa ad argomentare, dice ancora l'esponente Pd, "che questo è peggio e che il Jobs act aumenta la fragilità del lavoratore se garantisce la possibilità di maggiori tutele ai quasi 500 mila co.co.pro?". Senza contare "che è la prima volta che il governo vara incentivi per contratti a tempo indeterminato di questa portata perché questa è la sua scommessa. Capisco il dissenso ma non si può dire che togliendo il reintegro a favore di un indennizzo si riporta indietro il mercato del lavoro e ci si allontana dall'Europa. Dissentire va bene ma non mistificare. L'unico nemico da temere è il lavoro parasubordinato". Ma Camusso carica a testa bassa chiamando puntigliosamente il contratto a tutele crescenti sempre contratto a monetizzazione crescente. "Il nodo vero è che il governo non ha un'idea di quale sia l'orizzonte ma ha solo una disperata voglia di propaganda per poter dire avevo ragione", spiega incalzando: "tra 3-4 mesi infatti, ci spiegherà che i contratti a termine hanno avuto uno straordinario successo: certo, solo che si tratterà di un cambio di nome. Laddove si potrà, i contratti di lavoro dipendente saranno trasformati in contratti a tutele crescenti con una riduzione di diritti. Non si tratterà quindi di nuovi posti di lavoro ma solo di una loro sostituzione, di una creazione 'al rovescio' di occupazione". "Quali strumenti ha predisposto il governo per evitare questo?", chiede ancora Camusso. E lo stesso avverrà sul fronte dei co.co.pro: "dire che il lavoratore potrà chiede la trasformazione in contratto stabile non è una norma cogente ma è solo propaganda. Senza contare che le forme più odiose di precariato sono ancora tutte lì e conosceranno una crescita". Poi ancora: le risorse insufficienti, l'assenza di una politica industriale, la parsimonia del governo sugli investimenti. E se non è il rischio democrazia che paventa il leader Fiom, Maurizio Landini, gli si avvicina: "c'è una torsione rispetto al rapporto con il Parlamento. L'idea che il potere legislativo stia al Governo e non alle Camere è molto distante dal dettato costituzionale". Infine il 'siparietto' sul ruolo di Taddei: "come dice il segretario Taddei...", lo apostrofa Camusso. Lui: "non sono segretario ma responsabile economico". Ma il leader Cgil incalza: "sei membro della segreteria quindi un segretario... noi siamo democratici non gerarchici... comunque, come dice il 'responsabile' Taddei...". Confronto serrato, dunque, anche se con pochi margini di apertura da ambo le parti: "penso che il Pd e la Cgil non si siano legittimati l'un l'altro quanto dovrebbero e forse è il momento di cambiare", aveva auspicato prima di entrare Taddei. La legittimazione è arrivata ma un linguaggio comune no.