Da giugno sede aperta con ideal store da presentare a investitori che vogliono aprire negozi nel mondo Milano, 16 mag. (AdnKronos) - Un'azienda che nel 2014 ha fatturato 45 milioni di euro e punta a fare lo stesso nel 2015, saldamente nelle mani dei fondatori, che non hanno alcuna intenzione di fare entrare capitali esteri. Piuttosto, mantenendo il 100% del controllo della società, guardano alla possibilità di aprire store nel mondo a insegna Daniela Dellavalle attraverso rivenditori, investitori che siano affascinati dal concept. (Fotogallery) Sono Daniela Dellavalle e Giuliano Cavaletti che guidano la realtà italo-tedesca, con sede a Carpi e Dusseldorf (rigorosamente made in Italy il prodotto) che produce diverse linee: le principali sono Elisa Cavaletti, Eleonora Cavaletti, Riccardo Cavaletti e Arte Pura. A giugno e per un anno intero, nel concept store di 700 metri quadrati, la Baracca sul Mare, aperto al piano terra dell'avveniristica sede di Carpi, verranno invitati distributori, rivenditori, investitori potenziali per raccontare loro il mondo di Daniela Dallavalle e verificare insieme un piano di lancio di negozi. "Abbiamo proposto - racconta la stilista e creativa all'Adnkronos - nella nostra sede l'ideale concept store. Non li vogliamo aprire noi nel mondo, ma cercare investor che lo facciano. Si tratta di un progetto che partirà a giugno 2015 e su questo lavoreremo nei prossimi cinque anni". "Tutto andrà sotto il nome di Daniela Dallavalle che è il concept, la filosofia che racchiude tutto il resto. Molti investor stanno comperando aziende in Italia: l'italiano crea aziende in Italia e poi gli investitori stranieri le comperano. Io e Giuliano abbiamo cercato di fare un percorso inverso, ovvero preparare la nostra azienda, predisporre un concetto, non farla acquistare o fare entrare investor ma vendere un concetto e una filosofia. Crediamo nelle partnership dove ognuno crea la propria realtà la propria ragione sociale. Da giugno del 2016 inizieremo a creare una vera e propria strategia. Ci diamo un anno per valutare se il nostro marchio è più adatto ai grandi mall del mondo orientale oppure se vale la pena trasmettere tutto a store più piccoli di altra concretezza e realtà commerciale". Intanto l'azienda non risente della crisi: "il nostro fatturato - racconta - è aumentato, siamo cresciuti con sacrificio partendo da zero. Abbiamo creato la nostra realtà passo dopo passo. Non abbiamo risentito della crisi. La sola momentanea problematica è quella di un mercato che è in crisi e dunque si tratta di scegliere di collaborare o meno con coloro che si approcciano al nostro mondo in base al loro potenziale economico" spiega la stilista. Insomma, "quello che può mettere in crisi è la difficoltà di pagamento dei clienti". "Le aree più in crisi sono quelle dell'Europa occidentale e dunque abbiamo fatto scelte strategiche mirate con una selezione della clientela Il fatturato che ci viene a mancare è di questa parte di mercato". Oggi la società lavora in parte con agenti e distributori (circa 50) e con altre linee in modo diretto, mentre, a breve, partirà anche la parte di vendite online che non è stato ancora sviluppato, nell'ottica di fare un passo alla volta, consolidando e andando avanti. "Siamo distribuiti, soprattutto con l'abbigliamento, in tutto il mondo, dalla Nuova Zelanda all'Australia, Canada Stati Uniti, poi Europa, clienti in Africa del nord, Sud e Russia. Ci sono alcuni paesi in cui andremo a sviluppare maggiormente che sono Russia, Cina e America del Sud. Tre anni fa ci siamo ripromessi di fare una cernita di clienti nel mondo dell'Europa occidentale e invece espanderci in Russia, Cina, Oriente e America del Sud. Qui è dove andremo ad allargarci nei prossimi cinque anni". Intanto l'azienda conta 72 dipendenti diretti in Italia e 23 in Germania, per un totale 95. "Avremmo bisogno di essere il doppio - confessa Daniela Dallavalle - ma abbiamo deciso di rimanere un'azienda molto solida dal punto di vista economico finanziario". L'obiettivo è "conservare intatto il made in Italy e la connotazione di azienda familiare" che significa "grandi sacrifici. Abbiamo messo in gioco il nostro passato e, anche da un punto di vista economico e finanziario, abbiamo messo in gioco le nostre risorse senza chiedere alle banche aiuti. Questo per potersi non vendere e restare realtà totalmente italiana".