Roma, 11 giu.(AdnKronos) - La crisi economica ha inciso pesantemente sulla spesa degli italiani riportando indietro di 10 anni i consumi delle famiglie scesi, nel 2014 sotto i livelli del 2005. E il carrello della spesa è andato via via svuotandosi di pari passo al crollo del Pil:il 56% delle famiglie a basso reddito acquista ormai meno di quanto sia necessario mentre 1 famiglia su 5 si è dovuta rivolgere alle istituzioni per avere un aiuto 'alimentare'. Complessivamente però il 73% delle famiglie ha modificato il proprio modo di fare la spesa. A scattare la fotografia, neppure più a colori, dell'andamento dei consumi alimentari di cui una recessione lunga e feroce ha riscritto la 'gerarchia', è una ricerca della Flai Cgil stesa a quattro mani con la Fondazione Bruno Trentin e l'istituto Tecnè. E anche la fascia sociale media, dopo dieci anni di crisi economica, comincia a mostrare segni di 'stanchezza' e una 'strategia d'acquisto' alternativa. Se il 58% delle famiglie italiane ha abbandonato negozi o supermercati a favore dei più risparmiosi discount, il 42% ha ridotto la qualità dei prodotti acquistati, specialmente quelli di fascia alta: ed è così che dal 2007 ad oggi sono calati del 19% gli acquisti di carne bovina, del 24% quelli di olio di oliva e del 16% quelli di acqua minerale. Ad essere penalizzato anche l'acquisto di vino che nel 'borsino, alimentare registra un pesante -11%, i formaggi -10% ma anche pasta, pane (-6%) e pesce (-2%). Cali, questi, compensati da aumenti 'vertiginosi ' di altri prodotti, qualitativamente inferiori e meno costosi: così i più 'poveri' olii di semi vari registrano un +29% mentre le uova compiono un balzo in avanti del 26% insieme agli acquisti di carne 'meno nobile', dal pollo al maiale, che registrano un +24%. E a fronte del crollo del vino salgono del 10% birra, caffe, tè e cacao mentre gli'altri prodotti alimentari' che non siano pane conquistano un +9%. In leggero aumento del 3% anche la verdura mentre è stabile l'acquisto di latte, frutta e salumi. Resiste comunque, ma ovviamente limitata ai redditi più alti, la filosofia dell'acquisto responsabile: il 90% controlla la scadenza, l'85% la provenienza anche se la ricerca del 'made in Italy' è spesso penalizzata da prezzi più alti, il 74% opta per generi alimentari che derivano da produzioni non inquinanti e il 60% , tra la classe più agiata, è ancora disposto a pagare qualcosa in più pur di acquistare prodotti di azienda che hanno una filiera produttiva rispettosa dei lavoratori.