Roma, 27 ott. (AdnKronos) - "Ho ricevuto una segnalazione questa mattina e sono andata subito a controllare il profilo twitter del giudice Deodato: la sua posizione conservatrice risulta evidente da ciò che ritwitta e condivide, dai proclami delle' Sentinelle in piedi' al giornale di Adinolfi. E' un profilo pubblico e tutti lo possono vedere". E' quanto denuncia all'Adnkronos l'avvocato Mariagrazia Sangalli, presidente della Rete Lendford - Avvocatura per i diritti Lgbti - riguardo al giudice Carlo Deodato, relatore della sentenza del Consiglio di Stato che ha bocciato le trascrizioni fatte dai sindaci italiani di nozze gay contratte all'estero. Sul profilo Twitter il giudice Deodato si descrive così: "Giurista, cattolico, sposato e padre di due figli. Uomo libero e osservatore indipendente di politica, giurisdizione, costumi, società". Ma soprattutto fra i vari ritweet si trovano appelli delle 'Sentinelle in piedi', schierati a favore della famiglia 'tradizionale' e contro l’insegnamento della parità di genere a scuola.

"Mi limito ad osservare che il giudice avrebbe dovuto astenersi e che bisognava evitare di assegnare proprio a lui questa sentenza. Una sentenza che critichiamo nei contenuti - sottolinea Sangalli - e porteremo la questione davanti alle Corti europee". "La sentenza - sostengono gli avvocati di Rete Lendford - avvocatura per i diritti Lgbti - si pone in aperto contrasto con le pronunce della Corte di Cassazione sulla validità dei matrimoni contratti all’estero ed arriva ad affermazioni gravi come quella per cui l’attribuzione al giudice ordinario del controllo sulla rettificazione degli atti di stato civile sarebbe contrario alle esigenze di certezza del diritto e creerebbe un sistema non controllabile da un’autorità centrale". "La revocabilità in via amministrativa degli atti di stato civile, così ritenuta dal Consiglio di Stato - sottolineano gli avvocati di rete Lendford - è una decisione che mette a rischio i diritti civili di ogni cittadino e stride con il principio di separazione dei poteri a cui gli ordinamenti democratici sono ispirati. La sentenza, inoltre, dimostra una preoccupazione eccessiva nei confronti della politica - sostengono i legali - laddove si pone un tema di 'opportunità' che non dovrebbe mai entrare in un’aula giudiziaria. Non condividiamo la decisione, né per i profili di diritto civile né per quelli di diritto amministrativo e riteniamo ci siano gli estremi - concludono gli avvocati della rete Lendford - per continuare a sostenere le ragioni del diritto e portare la questione anche davanti alla Corte Europea dei Diritti Umani".