Omicidio Garlasco, è il D-day: Cassazione decide su Stasi
(AdnKronos) - L'attesa lunga otto anni sta per finire, oggi per Alberto Stasi, accusato dell'omicidio della fidanzata Chiara Poggi, potrebbe arrivare il verdetto definitivo. Alla fine di un lungo iter giudiziario - due volte assolto, poi condannato a 16 anni nell'appello 'bis' deciso dalla Suprema Corte - per l'imputato, oggi 31enne commercialista in cerca di lavoro, si potrebbe chiudere uno dei processi indiziari più controversi. Alberto non è in aula, così come la famiglia Poggi che attende il verdetto nella villetta di via Pascoli a Garlasco, in provincia di Pavia, dove Chiara è stata uccisa il 13 agosto 2007.
Davanti ai giudici della quinta sezione della Cassazione si sta discutendo la sentenza emessa dai giudici di Milano lo scorso 17 dicembre con cui hanno condannato Stasi a 16 anni di carcere. Un verdetto contro cui ha ricorso la difesa dell'imputato - chiedendo l'annullamento senza rinvio - e la procura generale che chiede invece che venga riconosciuta l'aggravante della crudeltà e quindi una condanna maggiore.
Il processo per l'omicidio della 26enne "si è caratterizzato per il suo 'percorso accidentato'", evidenzia in aula Maurizio Fumo, presidente della corte, al termine della lunga relazione tenuta dal giudice Rosa Pezzullo, e ricorda agli avvocati che terranno i loro interventi che siamo "nel quarto giudizio di merito e dunque dobbiamo attenerci al giudizio di Cassazione". Già nel tardo pomeriggio - salvo rinvii - la Cassazione potrebbe decidere. Tre le opzioni per i giudici: possono confermare la sentenza e per Stasi si aprirebbero le porte del carcere; potrebbero decidere di accogliere la richiesta dell'accusa (dando il via a Milano un nuovo processo contro Alberto); potrebbero nuovamente capovolgere il verdetto e mettere fine, per sempre, all'incubo giudiziario di Alberto.
"Un po' agitato, ma fiducioso che in Cassazione emerga la verità", le parole di Alberto poche ore prima del verdetto. Concetto identico per Rita Poggi, mamma della vittima, che da tempo non crede più all'innocenza dell'imputato. Verità è la parola che unisce chi siede ai due lati opposti di una storia che continua a dividere l'opinione pubblica.